Impegnate storicamente come lavoratrici, madri, educatrici e nella gestione delle aziende agricole, l’immagine della donna che lavora nei campi è parte integrante di molte culture. Eppure, nonostante in agricoltura le donne abbiano sempre svolto un ruolo fondamentale, questo settore continua a essere dominato dagli uomini sotto molti punti di vista.
Rendere merito all’effettiva importanza delle donne nell’economia rurale è difficile, perché spesso il loro ruolo non viene riconosciuto ed è complicato da rilevare statisticamente. Inoltre la situazione spesso cambia anche in maniera significativa da paese a paese.
Il panorama generale ci mostra come le donne impegnate in campo agricolo si devono confrontare con una certa disparità di trattamento rispetto agli uomini: stipendi più bassi, minore possibilità di prendere decisioni strategiche, difficoltà ad assumere posizioni di comando, e anche in questi casi si trovano a gestire aziende agricole mediamente più piccole. Tendono a essere più vulnerabili in caso di disoccupazione e fanno inoltre più fatica ad accedere a finanziamenti e a ottenere formazione sulle nuove tecnologie.
Il caso dell’Europa è emblematico: secondo uno studio della commissione europea, la popolazione rurale è composta quasi per la metà da donne ma quelle che gestiscono un’azienda agricola sono all’incirca il 30% – il che significa che 7 aziende su 10 sono invece gestite da uomini. Mentre invece tra i singoli paesi dell’Unione Europea le differenze sono molto significative: si va dal 45% di donne in ruoli di responsabilità in Lettonia e Lituania, al 10% o meno di Germania, Danimarca, Malta e Olanda.
È un fatto incoraggiante che il numero di donne impegnate in agricoltura registri una crescita, sebbene piuttosto lenta. Ma bisogna anche considerare che questo trend positivo è stato fortemente influenzato dall’allargamento dell’Unione Europea del 2004, che ha visto l’ingresso di alcuni paesi dell’Est dove, in linea generale, ci sono in proporzione più aziende agricole di proprietà femminile rispetto alla parte occidentale del continente.
Tuttavia il ricambio generazionale non sembra favorire l’aumento delle donne impiegate nell’agricoltura: solo il 4,9% degli agricoltori è rappresentato da donne under 35, mentre oltre il 40% delle donne che lavorano in questo campo sono over 65 – rispetto al 27,6% degli uomini. Se il trend non cambia, nei prossimi anni il gap tra i generi potrebbe quindi allargarsi.
Anche gli altri numeri non sono particolarmente confortanti: il guadagno orario lordo delle donne è in media più basso di quello degli uomini del 16,2%. La superficie media delle aziende agricole a gestione femminile è di 6,4 ettari, meno della metà della media maschile (14,4 ettari). Di conseguenza anche il rendimento medio è molto più basso: 12.000€ per le donne rispetto ai circa 40.000€ di media per gli uomini.
E la disparità è ancora più accentuata se si considera nel complesso la quantità di terreni controllati da donne: solo il 12%, rispetto al 61% controllato da uomini (il 27% rimanente è controllato da entità legali, come grandi aziende).
Corteva Agriscience in uno studio condotto a livello globale, dimostra che le discriminazioni sono ancora largamente diffuse, anche se in misura minore rispetto a 10 anni fa. Le donne intervistate in 17 paesi e in vari continenti si dicono tutte molto fiere del loro lavoro, ma incontrano alcuni ostacoli. In particolare lamentano entrate economiche minori, difficoltà a ottenere finanziamenti e di conseguenza difficoltà nel prendere decisioni importanti per migliorare la loro attività.
In molti paesi, soprattutto quelli in via di sviluppo, le donne hanno inoltre minori possibilità di accedere alla stessa educazione degli uomini, o alla formazione necessaria per utilizzare le tecnologie più avanzate e di conseguenza fanno più fatica a introdurre le ultime innovazioni in campo produttivo.
Non stupisce quindi che fra le preoccupazioni principali delle intervistate emergano quelle che riguardano la stabilità finanziaria e la possibilità di sostenere la propria famiglia. Ma la maggior parte di loro si dice ottimista per quanto riguarda il futuro e ritiene che nei prossimi anni la situazione femminile sia destinata a migliorare.
Lo studio conclude che l’emancipazione femminile in agricoltura potrebbe dare un deciso contributo al rilancio delle aree rurali, non solo per migliorare la situazione economica di famiglie e comunità, ma anche per andare incontro alla crescente domanda di cibo a livello globale.
E’ un forte segnale per il futuro osservare che oggi esistono molte iniziative a sostegno delle donne impegnate in campo agricolo.
L’Unione Europea prevede vari strumenti, in particolare per supportare i nuovi agricoltori, all’interno dei quali sono previste risorse atte a ridurre le differenze di genere, aiutando le giovani donne a trovare fondi per le loro iniziative.
Anche negli Stati Uniti, l’U.S. Department of Agriculture segnala iniziative per incoraggiare le donne ad affrontare le nuove sfide che l’agricoltura si troverà ad affrontare, mentre l’ONU ha attivato alcuni progetti, come il Rural Women’s Economic Empowerment, che prestano un riguardo particolare alle donne dei paesi in via di sviluppo.
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