Superato il fiume Orange ci si inoltra nel Kalahari vero, il territorio del tutto arido che i primi abitatori boscimani chiamavano “Grande Sete”: questo dicono le guide. Il Kalahari che vediamo noi, invece, è verdissimo e ricoperto da un tappeto di fiorellini gialli a perdita d’occhio, che fanno molto primavera ma molto poco deserto. È la magia dell’acqua, basta qualche giorno di pioggia per ridare vita alla landa più desolata. La pista sterrata si snoda tra basse formazioni rocciose, in un morbido saliscendi. Ci guardiamo intorno in questo paesaggio gentile: il Kalahari non ce lo immaginavamo così. Poi gradualmente si torna al deserto, grandi dune di sabbia rossa anche quelle punteggiate di verde, che si specchiano nelle pozzanghere lasciate da un recente acquazzone. Anche oggi niente polvere, ma moltissimo fango che per i trattori non è niente, però mette alla prova i pick-up di supporto. Ma si può impantanarsi nel deserto?!